Revoca senza giusta causa dell'amministratore
La revoca senza giusta causa dell’amministratore
Ai sensi dell’articolo 1129, comma undicesimo, c.c.: “La revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può altresì essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell’articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità”.
Come sopra detto e come si evince da questa norma, l’amministratore di condominio può essere revocato per giusta causa o senza una giusta causa, per volontà dell’assemblea condominiale oppure di singoli condomini che si rivolgono all’autorità giudiziaria.
La revoca senza una giusta causa non è basata su un comportamento necessariamente negligente da parte dell’amministratore, ma esclusivamente su una volontà soggettiva dell’assemblea condominiale. In ragione di ciò, l’amministratore ha diritto di ricevere il compenso per l’intero periodo del rapporto inizialmente pattuito, quindi anche gli emolumenti dovuti per la restante durata del mandato, anche se questo non verrà esplicato (Cass. S.U. 29 ottobre 2004, n. 20957; contra Trib. Monza 27 giugno 1985 e Giudice di Pace Avellino, 22 giugno 2005).
La giurisprudenza ritiene legittima la revoca tacita dell’amministratore, affermando che “l’assemblea condominiale può ben procedere, in ogni tempo indipendentemente da una giusta causa, alla nomina di un nuovo amministratore, senza avere preventivamente revocato quello uscente, ciò comportando la revoca tacita del mandato conferito a quest’ultimo” (Cass., 18 aprile 2014, n. 9082).
Quando è convocata l’assemblea condominiale, la revoca dell’amministratore viene deliberata con le stesse maggioranze prescritte per la sua nomina o con le modalità previste dal regolamento condominiale.
La deliberazione deve essere assunta con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio: questi devono manifestare il loro consenso alla revoca del mandatario dello stabile. Si tratta della maggioranza indicata specificatamente dal quarto comma dell’art. 1136 c.c.
La sede può essere sia l’assemblea ordinaria, sia quella straordinaria: nella prima l’interruzione del rapporto con l’amministratore è decisa dall’assemblea convocata annualmente per l’approvazione del bilancio mentre nella seconda si è in sede di assemblea straordinaria convocata con le modalità e nei casi stabiliti dall’articolo 66 disp. Att. C.c.
L’art. 66 disp. Att. c.c., per questa parte, così prevede: “L'assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall'articolo 1135 del codice, può essere convocata in via straordinaria dall'amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione. In mancanza dell'amministratore, l'assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere convocata a iniziativa di ciascun condomino.”.
Caso emblematico è la richiesta di convocazione dell’assemblea da parte di (almeno) due condomini rappresentanti almeno un sesto del valore dell’edificio (cd. autoconvocazione): se l’amministratore non provvede ad indire l’assemblea nei dieci giorni successivi alla richiesta, la convocazione avviene ad opera degli stessi condomini richiedenti.
Infine, il regolamento condominiale può prevedere maggioranze più qualificate rispetto a quelle previste normativamente oppure casi particolari di revoca dell’amministratore, oltre a quelli già legislativamente sanciti a titolo esemplificativo.
(segue) la convocazione dell’assemblea
L’unica ipotesi di revoca senza giusta causa è in sede assembleare perché nel caso di revoca giudiziale il tribunale viene chiamato a verificare se ricorrono gravi irregolarità da parte dell’amministratore onde revocarlo. C’è anche da dire che il tribunale, diversamente dall’assemblea di condominio, non è legato da alcun rapporto nei confronti dell’amministratore.
L’onere di chiamare l’assemblea incombe, in termini generali, in capo al mandatario dell’edificio.
Quando convoca l’assemblea, l’amministratore deve prestare attenzione ai termini, al contenuto e alla forma dell’avviso di convocazione come previsto dall’art. 66 disp. Att. c.c. e dalle specifiche disposizioni. Ad esempio, nei casi dettati dagli artt. 1120 secondo comma c.c., art. 1117 quater c.c. l’amministratore ha l’obbligo della convocazione anche solo sulla base di una richiesta di un condomino. Se si tratta di modificazione delle destinazioni d’uso ex art. 1117 ter c.c., deve convocare l’assemblea sia con singolo avviso, da inviare al condomino almeno venti giorni prima dell’indetta riunione, sia con l’affissione per almeno trenta giorni consecutivi dell’avviso di convocazione in luogo del condominio accessibile a tutti o nella bacheca, ove l’edificio abbia questo specifico spazio.
L’art. 66 disp. Att. c.c., per questa parte, prevede che “L'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. …”.
La forma della convocazione deve essere scritta ed è tale, in via alternativa, la raccomandata, la consegna a mano, l’invio per fax o per posta elettronica certificata.
L’avviso deve giungere al singolo condomino almeno cinque giorni prima dell’indicenda assemblea, al fine di permettergli di aver tempo per valutare quale posizione assumere per i singoli temi che saranno chiamati ad essere decisi.
Non è sufficiente che in questo lasso temporale l’amministratore abbia inoltrato l’avviso (Trib. Roma, 09/06/2009). L’amministratore deve sempre prestare attenzione nel calcolare il giorno in cui ritiene che possa pervenire la raccomandata a tutti i destinatari: da esso deve far decorrere almeno cinque giorni per scadenzare la data dell’assemblea, tenendo conto che il giorno iniziale non deve essere calcolato e che, se l’ultimo giorno è un festivo o un sabato, il termine scade il primo giorno successivo lavorativo. Il mancato rispetto del termine può comportare l’impugnazione della deliberazione, sotto il profilo dell’annullamento, trattandosi di vizio attinente al procedimento (art. 1137 c.c.).
Si suole parlare del c.d. spatium deliberandi, cioè del minimo spazio temporale entro cui il singolo può decidere come andare a votare in assemblea sugli argomenti che vengono poi discussi in quella sede.
Occorre che nell’avviso siano riportati l’indicazione della persona che procede alla convocazione e l’identificazione del condominio. Se mancano queste precisazioni, la convocazione è invalida, non potendo essere certa la paternità della chiamata (Trib. Milano, 11 settembre 1989 ha rilevato la nullità della convocazione, sebbene vizio attinente al procedimento di convocazione, quindi sarebbe stato forse più corretto ritenerla annullabile).
Bisogna poi che gli argomenti da discutere siano indicati in modo chiaro e ben specificati.
Questo principio è sempre in tema di diritto del condomino di formare una propria volontà sui temi che vengono deliberati nell’assemblea. Solo la delibera assunta all'unanimità sana l’omessa indicazione dello specifico argomento: avendo tutti espresso il voto positivo, non vi è alcun soggetto titolato a impugnare la deliberazione in ragione della mancanza dello specifico ordine del giorno (Cass., 10 ottobre 2007, n. 21298).
Spesso l’avviso termina con l’indicazione “varie ed eventuali”. Quest’ordine del giorno permette di poter fornire semplici comunicazioni, il suo scopo è quello puramente informativo. In esso non possono rientrare argomenti da discutere e decidere, in quanto i condomini non sono stati previamente edotti del suo contenuto concreto. Nel caso in cui ci si avvalesse di questa clausola di chiusura al fine di far decidere l’assemblea su argomenti non indicati in termini puntuali, la relativa deliberazione potrebbe essere annullata salvo che sia assunta all’unanimità (Cass., 09 gennaio 2006, n. 63). Così può accadere per la revoca dell’amministratore che non abbia indicato tra gli ordini del giorno la revoca richiesta da uno o più condomini. Se la revoca venisse decisa all’unanimità nel tema delle “varie ed eventuali”, essa sarebbe pienamente valida ed efficace.
Nel caso di gravi irregolarità fiscale, di mancata apertura del conto corrente del condominio o di mancato suo utilizzo, la convocazione assembleare può essere chiesta anche da un solo condomino a norma dell’art. 1129 c.c.
E’ tuttavia difficile pensare che l’amministratore sua sponte indica l’assemblea per farla deliberare sulla revoca del suo mandato o che ottemperi prontamente alla richiesta formulata anche da un solo condomino nelle fattispecie appena viste.
Si ritiene che il più delle volte ricorra il caso di richiesta di convocazione da parte di due condomini rappresentanti almeno un sesto del valore dell’edificio a cui segue la autoconvocazione per mancato adempimento dell’amministratore nel termine di dieci giorni, così come previsto dall’art. 66 disp. Att. C.c.
Anche per l’autoconvocazione occorre il rispetto delle norme e principi sin qui analizzati. Vi possono infatti essere uno o più condomini contrari alla revoca e quindi interessati ad impugnare la relativa deliberazione con l’azione di annullabilità ex art. 1137 c.c.
Questo è anche il motivo per cui ci si sofferma sui vari momenti della riunione condominiale.
Avv. Anna Nicola
via Beaumont 3
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Avvocato specializzato in condominio e locazioni
Categoria: Studi Legali
Anna Nicola